“Mentalizzazione: teoria e applicazioni cliniche” (Gian Maria Galeazzi).

Ogni teoria della mente implica una ipotesi sulla capacità di comprendere il proprio comportamento e quello altrui come psicologicamente distinti e criticamente dipendenti dalla loro organizzazione in stati mentali intenzionali. Si può chiamare questa facoltà “mentalizzazione”, la funzione che permette di dar senso a pensieri, credenze, desideri ed emozioni propri e altrui. Si riconosce a Peter Fonagy e Anthony Bateman il merito di l’aver posto la mentalizzazione, il suo sviluppo, le sue disfunzioni e interventi per favorirne l’efficacia al centro di una interpretazione originale del disturbo di personalità borderline e di un tipo di psicoterapia, Mentalization-Based Treatment (MBT), diretta ad affrontarne le difficoltà specifiche. Fin dall’inizio il modello teorico e la pratica terapeutica sono stati saldamente ancorati alla teoria dell’attaccamento e alle ricerche neurobiologiche. Il successo del modello ha fatto sì che, insieme al coinvolgimento crescente di ricercatori e terapeuti, siano progressivamente aumentati gli ambiti di elaborazione teorica e clinica: disturbo antisociale di personalità, somatizzazione, ADHD, disturbi della condotta alimentare, psicosi.