Peter Cryle. Dopo gli studi presso l’University of Queensland in Australia e un dottorato all’Università di Nizza, Peter Cryle è giunto nel 1973 al Department of French dell’University of Queensland come docente e ricercatore specialista di letteratura moderna francese. Cryle è oggi professore emerito presso l’Institute for Advenced Studies in the Humanities della stessa Università, dove dal 2002 al 2011 ha diretto il Centre for the History of European Discourses. È Cavaliere dell’Ordre des Palmes Académiques di Francia. Tra i suoi libri ricordiamo: The Thematics of Commitment (Princeton, 1985), Geometry in the Boudoir (Cornell, 1992), The Telling of the Act: Sexuality as Narrative in Eighteenth- and Nineteenth-Century France, (Delaware, 2002) and, with Alison Moore, Frigidity: An Intellectual History(Palgrave, 2011). Risultato del suo ultimo progetto di ricerca intrapreso con Elizabeth Stephens è il volume Normality: A Critical Genealogy, uscito nel 2017 per University of Chicago Press.

Osservazioni sulla normalità. Nel 2017, in collaborazione con la mia collega Elizabeth Stephens, ho pubblicato una storia della normalità che prova a ricostruire l’evoluzione storica dell’uso della parola “normale,” soprattutto nei contesti francese e inglese. Il presupposto da cui siamo partiti è stato quello di un’analisi discorsiva. Grazie allo studio di una parola attraverso il tempo, volevamo ripercorrere la storia di una idea. La nostra storia inizia circa nel 1820, quando si parlò per la prima volta di “organi normali” in campo anatomico e di “stato normale” nella fisiologia. Il normale non indicava la perfezione nel pensiero classico, ma significava un’“organizzazione” corporale. Ogni organo normale era per definizione al suo posto funzionale. Furono la psicologia e la psicanalisi a parlare verso il 1890, non di organi, ma di soggetti e di persone anormali. Si potrebbe pensare che il binomio normale-anormale sia nato con l’emergenza del normale nel discorso medico ma non accadde così. Nell’anatomia teratologica si cominciò attorno al 1835 a parlare di diverse classi di anomalie, ma senza raggruppare queste anomalie in una categoria generale denominata “anormalità.” Fu la psicologia verso la fine dell’ottocento a parlare di anormalità.